A.C. 2528
Grazie, Presidente. In questi giorni abbiamo ascoltato tanti dati sulla violenza di genere, ma la sintesi ci viene fornita dalle Nazioni Unite: ogni 10 minuti nel mondo viene uccisa una donna perché donna, e a fine giornata, in media, sono 140 i femminicidi. Un crimine compiuto da ex fidanzati, ex mariti, familiari, conoscenti, dagli stessi compagni delle vittime, e spesso, troppo spesso, anticipato da violenze fisiche, psicologiche, sessuali ed economiche per esercitare controllo, potere e dominio. Alla fine, è la cultura del possesso che genera violenza, in una escalation che porta all'omicidio di una donna in quanto donna.
Dopo l'ennesimo delitto, ci siamo chiesti perché tante, troppe donne non hanno chiesto aiuto, non lo hanno trovato, perché le leggi non bastano mai. Ci abbiamo provato in questi anni, da queste Aule, dove la voce delle donne dovrebbe essere ascoltata prima che diventi un grido disperato. Abbiamo provato a farlo quando abbiamo ratificato la Convenzione di Istanbul nel 2013, dove finalmente la violenza maschile verso le donne viene riconosciuta come una violazione dei diritti umani.
Abbiamo provato a metterci in ascolto con norme per proteggere le vittime, per difendere chi denuncia, per tutelare i figli; abbiamo cercato di dare più strumenti alle Forze di Polizia e alla magistratura; lo abbiamo fatto chiedendo di finanziare di più e meglio i centri antiviolenza, le case famiglia; lo abbiamo fatto una settimana fa, in quest'Aula, con una legge proposta dal Partito Democratico, votata all'unanimità, che introduce il concetto di consenso libero e attuale nel reato di violenza sessuale.
La legge sul consenso è stata il frutto di un confronto, dove la politica e il Parlamento hanno svolto il loro ruolo fino in fondo, trovando una convergenza grazie a un accordo politico che ha visto protagonista la Presidente del Consiglio Meloni, la nostra segretaria Elly Schlein e tutte le altre forze di maggioranza e di opposizione. Invece oggi, al Senato, abbiamo scoperto che si vuole bloccare tutto per una incomprensibile marcia indietro degli stessi partiti di Governo che alla Camera avevano espresso un pieno voto favorevole.
Nessuno, tanto meno lei, Ministra, ci ha detto perché, quali sarebbero queste lacune, i miglioramenti indispensabili. Lei, che solo ieri si augurava l'approvazione di questa legge, oggi tace in Aula. Sarebbe imperdonabile se polemiche e diatribe interne alla maggioranza impedissero al nostro Paese di compiere un passo così importante verso la tutela dei diritti e della dignità delle donne. Mi rivolgo a lei, Ministra, e ai colleghi di maggioranza: non vi rendete conto che state smentendo la vostra stessa Presidente del Consiglio? Che state tradendo un patto di fiducia che avevamo costruito insieme, mettendo al primo posto proprio la tutela delle donne? O forse, peggio, state cedendo a quelle fake news, che hanno affascinato qualche maschio della vostra maggioranza su moduli da compilare, contratti da firmare prima di avere un rapporto sessuale. Falso, tutto falso!
Vi prego, colleghe, spiegateglielo, non state zitte, perché anche questa è violenza, e voi non potete esserne complici. Perché quel voto di una settimana fa rappresentava una politica che non insegue, che non aspetta, come è stato in passato, il 1968 per abolire il reato di adulterio femminile e il 1981 perché il delitto d'onore non fosse più riconosciuto nel diritto penale, così come nel 1996 la violenza sessuale contro la persona e non contro la moralità pubblica e il buon costume. Noi non faremo come state facendo voi. Non consumeremo ripicche o regolamenti di conti post-elettorali sulla pelle delle donne.
Noi voteremo questa legge, anche se imperfetta, lacunosa, con limiti giuridici, che, però, vi abbiamo posto con grande correttezza e lealtà già nel passaggio al Senato
Voteremo questa legge che introduce il reato autonomo di femminicidio nel codice penale, perché riconoscere la matrice culturale del reato è un fatto importante, non solo sul piano simbolico. Diceva Michela Murgia: la parola femminicidio non indica il sesso di chi è uccisa, ma il motivo per cui è stata uccisa.
Al Senato, grazie anche alle proposte del PD, il testo iniziale è stato modificato, arricchito. Penso al superamento dei 45 giorni per le intercettazioni, all'estensione delle tutele per gli orfani di femminicidio e al rafforzamento degli obblighi formativi.
Oggi compiamo un passo importante, che è stato frutto di un ascolto reciproco tra maggioranza e opposizione, ma anche tra visioni diverse in ambito giuridico, nel mondo dell'associazionismo e dei movimenti femministi. Rimangono perplessità, legittime preoccupazioni di cui è necessario tenere conto, dalla scelta dell'ergastolo come pena predeterminata all'esigenza di un monitoraggio, che vi abbiamo chiesto, sul regime di bilanciamento delle circostanze, perché il reato sia conforme ai principi costituzionali.
Ma per noi resta un dato di fondo essenziale: non ci sarà mai nessuna misura repressiva sufficiente se non si accompagna questo reato con altri strumenti e risorse per la prevenzione
con l'educazione sessuale e affettiva nelle scuole, con la formazione di magistrati, personale di Forze di Polizia, della pubblica amministrazione.
C'è stata una grande rivoluzione nel Novecento che ha dato risultati stupefacenti. Non è stata una rivoluzione silenziosa, perché le donne hanno chiesto e urlato per i loro diritti nelle strade e nel mondo. A un certo punto, hanno preso parola, hanno chiamato le cose con il loro nome, perché chiamare le cose con il loro nome dà significato a quelle cose, le fa esistere. Ecco perché è necessario continuare a fare rumore, come ci invitano a fare le più giovani, protagoniste di una mobilitazione forte e consapevole di cui dobbiamo essere grate, perché, per quanto importanti, le leggi non bastano.
Serve un cambiamento dei linguaggi utilizzati dai media, dai social, dalla politica, mi viene da dire anche dall'atteggiamento con cui facciamo questa discussione in quest'Aula
che contribuiscono a sensibilizzare l'opinione pubblica e a combattere stereotipi.
La strada per sradicare la violenza è ancora lunga, va percorsa su ognuno di questi fronti, perché riguarda il potere, le sue manifestazioni; coinvolge i rapporti storicamente disuguali tra uomini e donne, non il DNA degli uomini. Spiegatelo al Ministro della Giustizia Nordio. Contrastare la violenza significa contrastare la cultura patriarcale che la riproduce, una cultura nella quale siamo tuttora immersi. E lasciatemelo dire, la cosa che mi amareggia di più di questa pagina bruttissima che abbiamo visto consumarsi oggi al Senato è la sensazione che quella cultura patriarcale sia ancora capace di fermare una legge giusta, sacrosanta e condivisa come quella che state frenando sul consenso.
E, invece, è proprio questo il salto di qualità che dobbiamo fare.
Per questo è incomprensibile, mortificante la crociata del Ministro Valditara contro l'educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Significa ignorare il ruolo educativo fondamentale che ha la scuola nel contrastare la cultura patriarcale che alimenta violenza. Continuare a dipingere questi percorsi come pericolosi, superflui, significa sottrarre ai più giovani strumenti essenziali per comprendere il valore del consenso, della parità nelle relazioni, della libertà personale. Significa negare la libertà educativa che ogni istituzione dovrebbe assumersi fino in fondo, e su questo continueremo a dare battaglia, senza arretrare di un millimetro, e insieme continueremo a lavorare per rendere le donne più forti nella società.
Il momento è ora. Già in questa pessima manovra, che, ancora una volta, non vede le donne, le penalizza, dalla parità salariale al sostegno del lavoro di cura, dobbiamo rafforzare il potere economico e sociale delle donne, perché, finché questo sarà incerto, saranno sempre più esposte e fragili. Occupazione, studio e affermazione di sé stanno insieme in un rapporto asimmetrico che va messo in discussione e ricostruito. La lotta contro la violenza di genere è fatta di piccoli passi in avanti e di impegno costante, che non finisce oggi. E, ancora una volta, mi appello a lei, Ministra, a voi, colleghi, alla Presidente del Consiglio: non fermiamoci, difendiamo anche al Senato il lavoro fatto insieme, qui, una settimana fa.
Ce lo impone la Costituzione, dove è scritto quel patto democratico tra cittadine e cittadini che hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso.
Il nostro compito è inverare quell'articolo 3, rimuovendo gli ostacoli per le donne che non ci sono più e per quelle che noi vogliamo vive e libere. Per tutte e per ognuna.